mercoledì 13 gennaio 2016

Rocktrip Reviews: The D - United States of Mind

Ascolti un disco come il debutto dei The D e capisci davvero che le distanze a volte non sono altro che limiti che imponiamo a noi stessi. La musica, nella fattispecie quella di United States of Mind, ha il potere di annientare i confini e ricordarci che siamo esseri umani, ed esseri umani lo si è ovunque. In questo senso, solo per pura casualità, i The D vengono da Avellino ma suonano come se fossero di stanza a Manchester: stesso vigore, stessa energia della musica suonata da quelle parti. Contesto storico: Inghilterra anni 90, e quindi Blur, Oasis, Manic Street Preachers, Suede e tutta quella ondata di ottime bands che diedero vita a quel fenomeno universalmente conosciuto come Brit Pop. Attraverso 11 canzoni ben prodotte e suonate, i The D  danno sfoggio di abilità evidenti e soprattutto di una solida credibilità. Chitarre ora liquide (l'opener dal vago sapore space rock Pluto) ora più graffianti, sorrette da un egregio lavoro di basso / batteria, fanno da sfondo ad una voce molto ben calata nella parte. The Dabbler, il vocalist, raggiunge l'optimum su All Star, dove sembra di ascoltare i migliori Placebo, senza ricorrere mai alla pura citazione. Addirittura echi dei White Stripes sui potenti riffs della conclusiva Glenn Matthews, congedano un gruppo di ottimo livello, che con United States of Mind cerca di farsi spazio nel complicato universo musicale italiano. Le qualità ci sono tutte, i numeri pure. A volte l'Inghilterra è nel garage sotto casa e non lo sappiamo. O non lo vogliamo accettare. Chiudere gli occhi, premere play ed ascoltare senza pregiudizi.

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