domenica 29 novembre 2015

Rocktrip reviews: Theodore - "It is but it's not" (Universal, 2015)

Uno dei problemi della musica contemporanea è che escono tanti buoni dischi ma pochi in grado di rimanere nel tempo e di lasciare un segno indelebile nell'ascoltatore. Tra questi ultimi figura senz'altro It is but it's not, il secondo album del musicista greco Theodore. Scolpito in maniera sapiente tra coordinate post-rock, musica filmica e rock da camera, questo album è una piccola, grande opera d'arte, un'agorà di incontri musicali e commistioni, esperienze, contrasti e riflessioni. Dal lato prettamente tecnico-stilistico è come se Theodore fosse riuscito a far incrociare i Sigur Ros con i Radiohead e i Cinematic Orchestra. Un esperimento sbalorditivo sia per efficacia che per il suo risultato intrinseco. Si alternano in continuazione momenti "piano" ad altri momenti decisamente "forti", in altre parole una sublimazione del contrasto, dell'orgogliosa esibizione delle differenze, ben testimoniate dalla convivenza tra strumentazione elettrica e orchestra, i cui archi sottolineano spesso momenti di straordinaria drammaticità. All'interno del collettivo, un italiano, Alessandro Giovanetto, difende il nostro orgoglio con una chitarra che anima panorami post rock. Su tutto, il pianoforte e il profondo timbro di Theodore, uno che non si dimentica.
Apre il disco una delle migliori composizioni degli ultimi anni, Are we there yet, con un refrain da panico emotivo che vi entrerà in testa. Altri highlights del disco sono rappresentati da Run, Eclipse e Spiral, sebbene tutto il disco garantisca un ascolto costantemente coinvolto e che non lascia spazio a disattenzioni. Uno dei migliori album dell'anno e non solo.

Rocktrip reviews: Fjieri - "Words are all we have"

Viviamo in tempi confusi, di equivoci e contraddizioni. La bellezza lascia spesso il posto alla volgarità, le vie facili si sostituiscono troppo spesso ai percorsi edificanti. Words are all we have, il nuovo album dei Fjieri, progetto del tastierista romano Stefano Panunzi e del bassista Nicola Lori, è invece uno scorcio d'incantevole eleganza, una quanto mai opportuna indagine introspettiva, una ricerca misurata e puntuale di quegli aspetti umani ed umanistici che stiamo lentamente dimenticando. Questo è quello che mi suggerisce questa musica così raffinata, un bagno rinfrancante di bellezza, ad occhi chiusi, distesi, a riposo, distanti dalla velocità e dalla frenesia che spesso ci allontanano dalle cose belle. A questo aggiungiamo un livello tecnico superlativo, garantito anche dalla presenza di musicisti di prim'ordine come Jakko Jakszyk, che canta quasi tutti i brani oltre a fornire una chitarra che rammenta i "suoi" King Crimson, e poi ancora Tim Bowness, Nicola Alesini, Gavin Harrison, solo per citarne alcuni. Stilisticamente i Fjieri interpretano e forniscono la loro visione personale del miglior rock artistico degli ultimi 40 anni, andando a sondare in profondità quelle coordinate espresse dai King Crimson moderni, dai Japan, dai no-man, dal David Sylvian più ispirato. Al di là dei riferimenti, è comunque il risultato finale che sorprende, oltre per l'eleganza espressa, soprattutto per l'organicità dei brani, caratterizzati da spontanei crescendo e da arrangiamenti davvero convincenti. Gli ingredienti di una musica che tocca l'anima ci sono tutti, dalle chitarre liquide alle batterie suonate con incredibile musicalità, dai commenti di una tromba in lontananza che punta dritto alle nostre derive emotive, ai bassi che pulsano accanto alle ispiratissime note delle tastiere di Stefano. Words are all we have è un gioiello di insperata bellezza, ma al tempo stesso di una bellezza di cui abbiamo tutti maledettamente bisogno. Da ascoltare durante i nostri viaggi verso la luna.  

sabato 21 novembre 2015

Rocktrip Reviews: T - Fragmentropy (Progressive Promotion, 2015)

Il progetto T esemplifica al meglio il concetto di one man band. Un'unica anima, un solo artista, un unico esecutore si celano dietro le note di questa musica profonda e immaginifica: Thomas Thielen. Tedesco di nascita, avviato alla musica sin da piccolo, Thielen, o meglio T, si mostra a noi come un musicista raffinato e navigato, in grado di suonare tutto, dalle chitarre alle tastiere, dal basso alla voce, e dimostra soprattutto di essere un produttore di ottima caratura, in grado di concepire opere sempre studiate in ogni minimo dettaglio. Giunge oggi al suo quinto album con questo ottimo Fragmentropy, un'opera ambiziosa e complessa, in grado di conquistare l'ascoltatore soprattutto sul piano emotivo. La musica che propone T è in effetti un rock artistico, a tratti venato di romantico e malinconico progressive, e risplende di una luminosa grazia melodica decisamente rara. Siamo al cospetto di un genere vicino per certi versi a quello dei Marillion di Steve Hogarth, cantante col quale T condivide il gusto del timbro pregno di pathos, bagnato in avvolgenti e drammatici delay. In altri momenti, quelli in cui l'autore decide di premere maggiormente sull'acceleratore,  non si è distanti da certo new prog in voga negli anni 80. Il tutto è comunque assemblato con una personalità piuttosto spiccata ed un opportuno sguardo rivolto al futuro. Fragmentropy è un'opera composta da tre capitoli musicali, a loro volta suddivisi in sette movimenti in cui si passa in modo naturale da momenti molto pieni, "suonati" e iperprodotti, ad altri molto eterei e raffinati. Il ritornello del primo movimento mi ha letteralmente sconvolto per carica emotiva, e non è la prima volta che T regala momenti di tale intensità. Un viaggio entusiasmante, un'esperienza dove poesia e musica si fondono al meglio, in cui ci è richiesto solo di chiudere gli occhi e di lasciarsi trasportare dal potere di questa musica. Non escludo che durante l'ascolto di Fragmentropy una lacrima possa uscire dai vostri occhi. Un disco intriso di profonda magia.

Rocktrip Reviews: Nemo - "Coma" (2015, Quadriphonic)

Nono album per i francesi Nemo, autori di un fresco e coinvolgente hard rock progressivo. Per chi scrive i Nemo rappresentano uno degli esempi migliori in questo ambito stilistico, un ambito che strizza l'occhio ai migliori Dream Theater, ai Rush, e a certi sinfonismi tipici della tradizione progressive francese, Ange in primis. I contenuti di Coma non si discostano da quelli espressi nei dischi precedenti, e con essi anche il livello qualitativo e tecnico rimane pressochè invariato, al solito, molto alto. Sei brani piuttosto estesi nella durata, tra i quali si contraddistingue la bella opener Le coma des mortels, oltre 11 minuti in cui i Nemo mostrano fieri il proprio arsenale prog, tra chitarre affilate, ritmi complessi, tastiere e pianoforti che contribuiscono in modo determinante a rendere il paesaggio sonoro sottile e fiabesco e una sezione ritmica potente e solida. La parte del leone la recita comunque il chitarrista cantante Jean Pierre Louveton, un ottimo musicista che alla chitarra sciorina frasi e trame sempre molto ispirate, forte anche di un virtuosismo mai esasperato o fine a sè stesso. Degna di nota anche la più breve Tu n'est pas seul, un brano più riflessivo che evidenzia l'animo più raffinato di questa ottima band. Il disco scorre via che è una bellezza e non mancherà davvero di appassionare chi è solito muoversi tra queste note. I Nemo sono, da diversi anni ormai, una confortante sicurezza. Bravissimi!


lunedì 16 novembre 2015

Rocktrip#64

Nella puntata nr.64 di Rocktrip, in onda questa sera dalle 22 alle 24 suwww.whiteradio.it, largo spazio al rock classico, quello più viscerale e autentico, senza tanti fronzoli. Novità discografiche, qualche tuffo nel passato più o meno recente ed un disco culto che siamo sicuri gradirete molto.
Rocktrip#64, questa sera, come ogni lunedì sera, dalle 22 fino alla mezzanotte, con Cosimo e Samuele, solo su whiteradio.it!

domenica 8 novembre 2015

Rocktrip#63

Nella puntata nr.63 di Rocktrip, in onda domani sera dalle 22 alle 24 su www.whiteradio.it, parleremo ancora delle bands della Progressive Promotion, proseguiremo con la scoperta del nuovo album dei Methodica, Cosimo ci presenterà il nuovo album dei livornesi Tres e concluderemo il magico viaggio che ci ha regalato Memorie di uno Sparring Partner con l'intervista telefonica al suo autore, Maurizio Di Tollo.

Questo e molto altro nella puntata nr.63 di Rocktrip, come ogni lunedì in diretta dalle 22 sino alla mezzanotte, dagli studi di www.whiteradio.it

sabato 7 novembre 2015

Rocktrip Reviews: Methodica - The Silence of Wisdom (Vrec/Audioglobe)

Secondo album per i veronesi Methodica, metal prog band in giro già da alcuni anni e che decide di tornare sulle scene dopo un periodo di intensa attività live e la pubblicazione di un ep. Nel corso degli anni i Methodica hanno aperto i concerti di Dream Theater, Skunk Anansie, Marillion, Pendragon e questo, stando a quanto si sente su The Silence of Wisdom, deve aver incrementato notevolmente il carico di esperienza della band. L'ascolto suggerisce infatti l'immagine di una band di veterani, di professionisti impeccabili. Ed è quel che in effetti sono i Methodica, una band matura che conosce molto bene la materia che propone.
Otto brani, più una bonus track (una riuscita versione del classico Firth of fifth dei Genesis), per circa 70 minuti di metal progressive di alto livello. Questi i numeri di The Silence of Wisdom, in cui si esplorano i lidi di un genere che tutto sembra aver detto negli anni passati. Tuttavia i Methodica ritengono di dover testare ulteriormente le possibilità di questo genere. Ed hanno ragione loro, considerato che era davvero molto tempo che non mi entusiasmavo per un disco di questo tipo. Non starò qui a fare improbabili paragoni, ma i Methodica hanno davvero fatto centro nel voler arricchire il quadro con tonalità più scure e profonde, tipiche di bands quali gli A Perfect Circle e i Tool, relegando il sin troppo facile paragone coi Dream Theater ai margini del caso. Si parte subito forte: preceduta da un intro dal flavour drammatico, The Angel lies dying, non a caso scelta come singolo, cattura l'ascoltatore con melodie che coinvolgono subito, J costringe a ripetuti ascolti per cogliere in pieno il magnetismo che nasconde, Only Blue è di una bellezza ammaliante. Il piatto forte è però rappresentato dalle due mini suite, idealmente posizionate al centro dell'opera: la prima, Caged, suddivisa in quattro movimenti che alternano chiaroscuri affascinanti e che in oltre 13 minuti dimostra la grande capacità della band di cambiare pelle a seconda del contesto scelto; la seconda The Lord of Empty Spaces, più eterea e immaginifica nella prima parte, più sostenuta durante lo sviluppo centrale, regala momenti di grande solennità.
Pur volendo evidenziare le capacità tecniche di ogni singolo membro dei Methodica, si ha la costante sensazione di un gradevole equilibrio, pregio questo davvero non comune. In altre parole, nessuno cerca di sovrastare l'altro, tutti suonano per raggiungere un risultato condiviso, ovvero un'opera d'arte organica e riuscita. Forte di questa filosofia, Massimo Piubelli adagia le sue linee vocali, ora morbide, ora più vigorose, su un contesto sonoro ricamato da chitarre e tastiere sempre ispirate e sorrette da una sezione ritmica puntuale e robusta.
Non c'è che dire, The Silence of Wisdom è un album coinvolgente, ispiratissimo e di livello internazionale, in cui i Methodica confezionano una prova di straordinaria maturità. Un'opera di metal progressive come non si sentiva da tempo.

Voto 8/10    

lunedì 2 novembre 2015

Rocktrip Reviews: Videogram - Pre-Cert

Un'altra one man band entra nella scuderia Cineploit Records, i Videogram. Dietro questo monicker si cela l'estro del compositore svedese Magnus Sellergren, il quale dopo un album autoprodotto uscito nel 2014, consegna alle cronache musicali questo Pre-Cert, dopo un periodo di gestazione di circa 6 mesi. Il risultato è davvero eccellente. Pre-Cert esplora le suggestioni delle colonne sonore dei cult-movies anni 70/80, nei gloriosi giorni del VHS, dai film erotici agli horror, un tributo ad una filosofia artistica ormai archiviata ma che evidentemente non è stata del tutto dimenticata e che continua ad esercitare un enorme fascino su molti appassionati. Andando ad analizzare il disco, la breve intro Videogram Ident 3 prepara l'ascoltatore ad un viaggio affascinante ed ipnotico. In mezzo a fughe ai limiti dello space rock, ci si perde gradevolmente tra trionfi di sintetizzatori e moderati funk rock, il tutto declinato attraverso un adeguato gusto per il mistero e la suspance. Tutti i brani sono riuscitissimi, sebbene qualche episodio emerga per carica immaginifica. E' il caso ad esempio di Horror Express, Silver Sphere e soprattutto degli oltre 12 minuti di Man is the warmest place to hide, un omaggio a La Cosa di John Carpenter, che saprà rapire la vostra attenzione. Un brano, quest'ultimo, per il quale consiglio caldamente l'ascolto in cuffia, magari di notte.
Concludendo, decisamente un ottimo lavoro per questi Videogram che accogliamo a braccia aperte tra le fila della Cineploit Records, un'etichetta che tante soddisfazioni sta regalando al pubblico di questa fascinosa musica. Gli incubi hanno un suono? Forse quello dei Videogram.  

Contatti:
www.cineploit.com
http://videogramswe.blogspot.com/

Rocktrip nr.62

Nella puntata nr.62 di Rocktrip di stasera, in onda dalle 22 alle 24 su www.whiteradio.it il piatto forte è rappresentato uno Speciale dedicato alla Progressive Promotion Records. Ascolteremo infatti una selezione di brani dagli ultimi dischi di alcune bands prodotte da questa ottima etichetta discografica tedesca, una delle più attive nel settore prog. E questo sarà solo il primo di una serie di appuntamenti dedicata alla PPR. www.progressive-promotion.de

Continueremo poi la scoperta del nuovo album di Maurizio di Tollo, Memorie di uno Sparring Partner, in vista dell'intervista di lunedì prossimo.


Entrerà in scaletta anche il nuovo album dei Methodica, The silence of wisdom, che conosceremo a fondo anche nelle prossime puntate.

Ma ci sarà spazio anche per molto altro. Ad esempio, qualcuno ha detto Disco Culto?

Tutto questo per voi appassionati di rock, per voi dalla mente aperta: appuntamento con Rocktrip alle ore 22 su www.whiteradio.it

sabato 31 ottobre 2015

Rocktrip Reviews: Maurizio Di Tollo - Memorie di uno Sparring Partner (AMS Records / BTF)

Maurizio Di Tollo con questo disco ha davvero fatto una cosa grande. Ha composto un'opera che rimarrà a lungo scolpita tra i ricordi di chi ama la musica, di quelli che non passa giorno senza che ricerchino le emozioni tra le note e tra i solchi di un disco. Memorie di uno Sparring Partner è il suo secondo album da quando non è più il batterista de La Maschera di Cera, una delle progressive bands moderne più importanti che il nostro paese abbia avuto. Ma con Memorie di uno sparring partner non vi parleremo di  progressive rock, qui siamo piuttosto al cospetto di un rock d'autore sofferto, per quanto raffinato ed elegante nelle forme. Sofferto, dicevo. Sì, perche Maurizio Di Tollo in questo disco mette a nudo la propria anima, esibisce con amabile discrezione il suo mondo interiore, i suoi scorci di vita vissuta, spunti di riflessione che l'ascoltatore non può far altro che accogliere con rispetto e passione. 10 brani di straordinaria efficacia e profondità, in cui si consumano performances di altissimo livello, spesso ad opera di grandi nomi del panorama musicale (David Rhodes, Roberto Gualdi, Vittorio Nocenzi, Ged Lynch..), vanno a comporre un album che è impossibile analizzare track by track. E' un flusso continuo di emozioni, il trasporto è totale ed in alcuni momenti, volendo contare su un po' d'immaginazione, è quasi possibile avvertire la presenza metafisica dell'autore che scava attraverso i vostri speakers per raggiungervi nel profondo. Segnalo solo la presenza di una bella cover di "Io e le cose" di Giorgio Gaber, qui in una veste più sofisticata rispetto all'originale e quello che io considero essere il picco artistico dell'album, ovvero "Il cielo è un uomo solo", in cui vi sfido a rimanere emotivamente impassibili. Per il resto il mio invito è quello di godervi un album straordinariamente bello e toccante, finalmente composto da canzoni con melodie forti e memorabili. Da segnalare anche la produzione del disco, ad opera di Christian Marras, che ha reso l'opera decisamente gradevole sul piano sonoro, oltre ad aver fornito un'ottima prova al basso.
Il rock d'autore nel corso del tempo ci ha consegnato autentiche gemme di risplendente eleganza come Lindbergh di Ivano Fossati, Il sole nella pioggia di Alice, L'oroscopo speciale di Samuele Bersani, Caffè de la paix di Franco Battiato, Anime Salve di Fabrizio di Andrè e molti altri. Adesso abbiamo un altro titolo da aggiungere alla nostra collezione e da sistemare proprio accanto a questi grandi capolavori di musica italiana. Dischi come Memorie di uno Sparring Partner dovrebbero suonare negli impianti hi-fi di tutti gli amanti di buona musica.
Senza alcun dubbio il disco italiano di questo 2015.
(Rocktrip avrà il piacere di intervistare Maurizio Di Tollo durante la puntata del prossimo 9 novembre.)    

Messaggio di benvenuto

Benvenuti sul nuovo Blog di Rocktrip, programma radiofonico in onda in diretta ogni lunedì sera dalle 22 alle 24  su www.whiteradio.it.
Con questo messaggio, i conduttori Cosimo e Samuele vi danno ufficialmente il loro benvenuto qui tra queste pagine. Il Blog avrà la funzione di ospitare le recensioni dei dischi trattati durante le dirette. Sono graditi i vostri commenti alle recensioni e vi invitiamo a seguirci durante le dirette o ad ascoltare i podcast.
Vi preghiamo di mantenere un tono pacato e un linguaggio non offensivo nei commenti.
Stay Rock! \m/



I Conduttori

Rocktrip è condotto da Cosimo Chiaramonti e Samuele Santanna.
Entrambi musicisti, si appassionano alla musica sin da giovanissimi. I loschi figuri di cui alle foto si conoscono sui banchi del liceo, e da allora condividono la passione per il rock degli anni 60/70, il blues, l'hard rock, l'heavy metal ed in genere tutto ciò che di buono c'è nel rock di ieri e di oggi.
Cosimo è il responsabile della regia e il curatore degli approfondimenti sui dischi storici, mentre Samuele si occupa per lo più dell'organizzazione delle tracklist, della selezione delle novità discografiche e degli artisti da inserire in Almost Famous.
Legati da una profonda ed inossidabile amicizia, si scoprono appassionati di radio circa 5 anni fa e portano avanti questa missione con entusiasmo e dedizione.
Per ascoltare la loro voce e le loro idiozie collegatevi tutti i lunedì sera dalle 22 alle 24 all'indirizzo internet www.whiteradio.it

Almost Famous

La rubrica forse più importante di Rocktrip è Almost Famous, uno spazio ad hoc che i conduttori dedicano ai giovani artisti, sia autoprodotti che promossi da case discografiche indipendenti.
Durante Almost Famous si analizzano gli album, si passano alcuni brani, si racconta la storia degli artisti, si organizzano interviste in studio o telefoniche e live set in radio.
Se hai una band e ti piacerebbe che la tua musica sia presa in considerazione, non esitare a contattarci qui sul blog, sulla nostra pagina facebook oppure via mail a rocktrip@libero.it

Mission

Rocktrip nasce nel 2010 da un'idea di Cosimo Chiaramonti e Samuele Santanna. Il programma si occupa di Rock in tutte le sue forme, dagli anni 60 sino ad oggi. All'interno di Rocktrip trovano spazio alcune rubriche di approfondimento dedicate a dischi culto (Rock History), giovani bands (Almost Famous) e novità discografiche. Rocktrip vi racconta il Rock con simpatia e leggerezza, senza per questo rinunciare ai contenuti e senza barriere di genere.
La missione di Rocktrip è soprattutto quella di dare spazio a musiche ed artisti che altre radio non trasmettono.






Rocktrip va in onda in diretta tutti i lunedì sera, dalle 22 fino alla mezzanotte, su www.whiteradio.it

Rocktrip Reviews: La Batteria - "La Batteria" (Penny Records, 2015)



Ricordate i poliziotteschi anni 70? Una stagione memorabile di films e musiche che imponevano il made in Italy agli occhi del mondo, che una volta tanto guardava a noi come modello artistico da imitare. Le musiche di Maestri come Stelvio Cipriani, Franco Micalizzi e Ennio Morricone vivono ancora nella memoria di molti appassionati e nella tradizione artistica del nostro paese. La recente riscoperta di questo mood, sia in ambito cinematografico (ricordiamo la recente e bellissima serie italiana Romanzo Criminale) che musicale (un nome su tutti, Calibro 35) deve aver convinto Emanuele Bultrini e compagni a dirottare temporneamente le proprie intenzioni artistiche verso quei lidi sonori. Ed ecco che tra una partita di biliardo, una mano di poker e un giro di whisky, una combriccola di grandi musicisti già noti nel sottosuolo italico, e che rispondono al nome di Emanuele Bultrini, David Nerattini, Paolo Pecorelli e Stefano Vicarelli (Fonderia, Otto Ohm, Orchestra di Piazza Vittorio, le esperienze più significative), decide di riunirsi sotto un nome che non lascia spazio a incertezze circa la direzione stilistica da intraprendere: La Batteria. Intenzioni chiarissime sin dalla strumentazione usata, rigorosamente vintage, per creare 12 composizioni che, oltre a porsi come omaggio di quell'epoca, vanno oltre e mettono in un luce un'abilità compositiva degna dei Maestri summenzionati, muovendosi attorno ad un avvincente prog funky declinato col tipico piglio italiano. Non solo rilettura e rispetto, dunque, ad animare il motore propulsivo de La Batteria, ma soprattutto passione, capacità e convinzione. Quando questi tre elementi si fondono alla perfezione, ecco che il risultato non può essere che eccelso. Apre l'avventura del disco Chimera, riuscitissima opener che riassume in pochi minuti la missione della band, tra echi silmil Morricone e suspance tipica del genere. Scenario e Vice Versa sembrano uscite da un capitolo rimasto inedito della serie "...a mano armata", con le note basse dei pianoforti a creare tensione e quel riffing straordinariamente e tipicamente truce. Sopra si adagia sovente la chitarra liquida di Bultrini o l'organo hammond di Vicarelli a tesser trame sempre intrise di fascino vintage. Il disco, tra l'altro suonato e prodotto magnificamente, scorre molto bene, non c'è un solo momento di stanca. E se si chiudono gli occhi non è difficile immaginare i lampeggianti della polizia o i famosissimi inseguimenti di Maurizio Merli per le strade di Roma o Genova, segno che la missione de la Batteria è assolutamente compiuta.
Il 2015 inizia con un gran disco italiano, che ricerca nella tradizione il modo di riappropriarsi di certi contesti sonori e stilistici a noi congeniali, toccando livelli realmente altissimi. Disco di quelli destinati a rimanere nella nostra memoria di appassionati attenti alle cose belle, questo esordio de La Batteria non può mancare nelle vostre collezioni: siamo di fronte ad un autentico gioiellino. Il bottino messo a segno da quelli de La Batteria è cospicuo: "Stecca para pe' tutti", direbbe Il Libanese.

(Samuele Santanna)


Per approfondire: https://www.facebook.com/pages/Penny-Records/231728416902803

Rocktrip Reviews: Sospetto - Quattro Specchi Opachi (Cineploit Records, 2015)




Oltre che per il rinascimento fiorentino, il pesto alla genovese e lo stucco veneziano, noi italiani siamo famosi e rispettati in tutto il mondo anche per molte altre cose. Non ultima fra queste la nostra tradizione cinematografica degli anni 70, sponda giallo-horror, quella ampiamente battuta attraverso i films di Lucio Fulci, Dario Argento e gli sceneggiati televisivi, a cui hanno prestato la proria arte maestri come Franco Micalizzi, i Goblin, Ennio Morricone, Bruno Nicolai, Stelvio Cipriani e molti altri. Su questa scia artistica, ecco che una etichetta austriaca, la Cineploit Records, decide di continuarne lo spirito musicale. Fanno parte di questa casa discografica bands e progetti solisti provenienti dalle più svariate parti del globo, tutti uniti dalla solita ispirazione e passione, ovvero la musica e l'iconografia della tradizione sonora e cinematografica italiana degli anni 70, segno inequivocabile di quanto sia rispettato ed amato altrove questo ambito artistico che noi italiani abbiamo gradualmente voluto perdere nel tempo a favore di altre, e meno nobili, imprese artistiche.I Sospetto sono soltanto una di queste entità figlie della Cineploit Records, e sono tra le migliori. Sono tedeschi e "Quattro Specchi Opachi" è il loro ultimo album. Formalmente il nuovo disco non si discosta dai precedenti lavori: siamo essenzialmente di fronte a musica da colonna sonora, con atmosfere ora lugubri e sinistre, in pieno stile Goblin ("Intrappolati Nel Harem Di Satana"), adesso più sbilanciate verso un funky prog di "micalizziana" memoria ("L'Exposition de Genevieve"), ovviamente tutto declinato attraverso un chiaro rimando alla miglior tradizione thriller/horror italica. Il lavoro si spalma su 4 sezioni, per un totale di 20 tracce, che prendono in esame 4 differenti generi musicali, 4 visioni sonore e musicali al servizio di immagini e sequenze scolpite nei ricordi eppur non ancora scritte. E' musica senza tempo, suonata con abilità e composta col cuore, questo si avverte senza alcun dubbio. C'è spazio anche per qualche momento più smooth jazz e space rock ("Schwarzes Licht"), tipico di certi film molto in voga in quegli anni magici, all'interno dei quali risuonano vibrafoni e melodie vocali femminili, per un contesto magico indimenticabile. Chiude l'opera "Devil's Cops in Angel County", suite che rende omaggio al genere poliziottesco, in cui si ritorna a premere maggiormente sui ritmi e sui contesti ai limiti della big band e ad insistere sul vigore funk, pur alternandovi ampie digressioni space ambient. "Quattro specchi opachi" dei Sospetto è un gran bel lavoro, di alto livello, che mi sento di consigliare ad ogni amante della buona musica. Se poi siete tra costoro che hanno amato le musiche del nostro cinema degli anni 70, allora non avete scampo: questo è un disco da comprare senza alcuna esitazione. Mi congedo con il mio personale plauso alla Cineploit Records, che con orgoglio e maestria porta avanti un discorso interrotto da troppo tempo e che ultimamente sta rivivendo una meritata e quantomai desiderata seconda giovinezza. Avremo il piacere di farvi ascoltare i Sospetto durante la prossima stagione radiofonica di Rocktrip.


Samuele Santanna

Contatti:
www.cineploit.com
https://www.facebook.com/pages/Sospetto/402271733196850
www.sospetto.net


Rocktrip Reviews: Seven Steps To The Green Door – Fetish


Nuovo album per I tedeschi Seven Steps To the Green Door, una delle compagini progressive più interessanti degli ultimi tempi. Sempre prodotto dall’ottima Progressive Promotion Records, il combo di Saschen con "Fetish" confeziona un album più maturo dei precedenti, sebbene le coordinate stilistiche rimangano sostanzialmente inalterate. Ed è un punto a favore, perchè questo tipo di progressive moderno, a tratti contaminato da suggestioni crossover, riesce nella difficile impresa di catturare l’attenzione dell’ascoltatore per l’intera durata del disco, nonostante l’alto minutaggio dei brani in esso contenuti. Il suono dei Seven Steps to the green door è infatti costantemente fresco e dinamico e non si lascia sedurre da inopportuni barocchismi, pur impiegando un notevole arsenale strumentistico. Prova ne siano l’opener "Porn!" e i quasi 10 minuti d "Still Searching" (il refrain finale è davvero superbo), brani che entusiasmano per la loro costruzione e per l’abilità che il gruppo dimostra nel saper cambiare registro. Si passa infatti da forme vicine all’hard rock, a convincenti momenti corali quasi musical-teatrali, declinati sempre dal tipico sound progressive che una volta tanto non stucca ma, al contrario, conferisce “anima e sangue”all’interno dello spettro sonoro. Non a caso, “Fetish” si pone come un immaginario viaggio all’interno dei sentimenti dell’essere umano, sia quelli più nobili che quelli più perversi e contorti, in un’alternanza di chiaroscuri e contrasti cromatici. In "Last Lullaby" i toni si smorzano per lasciare spazio aflauti e pianoforti che disegnano paesaggi fiabeschi sullo sfondo; ma non c’è un momento di stasi, poichè è un continuo saliscendi stilistico, un dinamismo accattivante garantito anche dall’alternanza delle belle voci di Lars Kohler e Anne Trautmann. Chiude l’album la lunga suite “Ordinary Maniac”, introdotta daun incantevole arpeggio di chitarra acustica sul quale si distendono le belle armonizzazioni vocali di Kohler e della Trautmann, e che per 16 minuti entusiasma per la consueta varietà stilistico-musicale, riassumendo i temi del disco. Menzione speciale per il chitarrista Martin Schnella, un musicista che attraverso tecnica e gusto riesce a sciorinare una prova da applausi, animando l’intero album con assoli e frasi davvero di ottimo livello, e per Marek Arnold, tastierista e polistrumentista di grande talento, entrambi artefici della produzione del disco. Mi auguro che i tanti appassionati di questo genere non si lascino scappare questodisco, per chi scrive senza dubbio tra i migliori usciti quest’anno in ambito prog.Coloro che fossero al primo contatto con questa band possono sicuramente scegliere“Fetish” per cominciare a conoscere l’affascinante musica dei Seven Steps to the Green Door.

Voto: 7.5/10

Contatti:
http://www.ppr-shop.de/epages/62161184.sf/de_DE/?ObjectPath=/Shops/62161184/Products/PPR-030
http://www.ssttgd.de
http://www.progressive-promotion.de

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